Il memoriale di Aldo Moro
I tema
La crisi del 1964:
il Presidente della Repubblica Segni e il
piano del Gen. De Lorenzo.
Comm. Moro, 125 - 1978 ; Comm. stragi, II 381-383 - 1990
Il tentativo di colpo di stato nel 64 ebbe certo le caratteristiche esterne di un intervento militare, secondo una determinata pianificazione propria dell'arma dei Carabinieri, ma finì per utilizzare questa strumentazione militare essenzialmente per portare a termine una pesante interferenza politica rivolta a bloccare o almeno fortemente dimensionare la politica di centro sinistra, ai primi momenti del suo svolgimento.
Questo obiettivo politico era perseguito dal Presidente della Repubblica On. Segni, che questa politica aveva timidamente accettato in connessione con l'obiettivo della Presidenza della Repubblica. Ma a questa politica era contrario come era (politicamente) ostile alla mia persona, considerato a quella impostazione troppo legato.
Egli colse l'occasione di alcune polemiche giornalistiche (l'On. Nenni sull'Avanti), polemiche le quali avanzavano qualche sospetto sulla tenuta costituzionale dello Stato, per chiedere al Capo di Stato Maggiore della Difesa di difendere la legalità, mentre si sviluppava l'azione dei Gruppi di Azione Agraria, ostili alla politica del centro-sinistra e ad ogni politica democratica. In quel settore c'era confusione mentre la sinistra era ferma, ma tranquilla (comizio di Togliatti a San Giovanni).
In tutti l'udienza straordinaria concessa a De Lorenzo e l'anticipato annuncio dettero l'impressione di un intervento ammonitore, cui non erano estranei molti nostalgici della politica centrista, che erano consiglieri del Presidente e gli presentavano artatamente a fosche tinte l'avvenire dello stato. Il piano, su disposizione del Capo dello Stato, fu messo a punto nelle sue parti operative (luoghi e modi di concentramento in caso di emergenza) che avevano preminente riferimento alla Sinistra, secondo lo spirito dei tempi.
Nel frattempo però diventarono preminenti gli sviluppi politici a causa di una lettera diffida mandata al Presidente del Consiglio dal Ministro del Tesoro circa gli eccessivi oneri finanziari della politica di centro sinistra e di un intervento nello stesso senso, che aveva sapori d'interferenza, del Sig. Marjolin della Comunità Politica Europea.
Mentre si attenuava il significato del golpe in quanto tale, si accentuava la tendenza a diminuire la portata del centro sinistra ed a ridurla per asserite ragioni finanziarie, ad una normale politica riformistica che anche i liberali, se fossero stati intelligenti, avrebbero potuto accettare, mortificando però le qualificate ambizioni dei socialisti, giunti al potere per fare una politica nuova.
Il Presidente Segni ottenne, come voleva, di frenare il corso del centro-sinistra e d'innestare una politica largamente priva di molti elementi essenziali di novità. L'apprestamento militare, caduto l'obiettivo politico che era quello perseguito, fu disdetto dallo stesso Capo dello Stato.
Il Gen. De Lorenzo, come persona al di là dell'episodio, va ricordato come colui che collaborò in modo attivo, come Capo del Sid, nel '60 con me Segretario del Partito, per far rientrare nei binari della normalità la situazione incandescente creatasi con la costituzione del Governo Tambroni. Questo fu infatti, a mio parere, il fatto più grave e più minaccioso per le istituzioni intervenuto in quell'epoca. Infatti De Lorenzo, in continuo contatto con me, mi fornì tutte le intercettazioni utili ed altri elementi informativi, che mi permisero di esigere le dimissioni del Governo Tambroni e promuovere la costituzione del Governo Fanfani, che fu il primo a fruire dell'astensione socialista. In complesso il periodo 60-64 fu estremamente agitato e pericoloso.
Comm. Moro, 144 - 1978 ; Comm. stragi, II 250-253 -1990
Nel '64 si era determinato uno stato di notevole tensione per la recente costituzione del centro sinistra (dopo una prova elettorale in complesso deludente anche per la D.C.), per la nazionalizzazione dell'energia elettrica che suole eccitare tutti i risparmiatori, per la crisi economica che per ragioni cicliche e per i concorrenti fatti politici si andava manifestando.
Il Presidente Segni, uomo di scrupolo, ma anche estremamente ansioso, tra l'altro, per la malattia che avrebbe dovuto colpirlo da lì a poco, era fortemente preoccupato. Era contrario alla politica di centro-sinistra. Non aveva particolare fiducia nella mia persona che avrebbe volentieri cambiato alla direzione del Governo.
Era terrorizzato da consiglieri economici che gli agitavano lo spettro di un milione di disoccupati di lì a quattro mesi. Veniva attaccato duramente sull'Avanti dall'On. Nenni proprio per questa sua forma di sfiducia nel centro sinistra, anche con qualche puntura di lealismo costituzionale. Di quest'ultimo punto egli si dolse in modo particolare e mi parlò chiedendo io riferissi a Nenni in termini molto amari, per avere una spiegazione. Io dissi, per parte mia, che Nenni era uomo di grandissima onestà e che tutto certo si sarebbe chiarito.
Fu allora che avvenne l'incontro con il Gen. De Lorenzo, al quale mi fece capire di avere chiesto, pur nell'eccitazione della malattia, la più rigorosa difesa dell'ordine costituzionale. Per quanto io so il Gen. De Lorenzo evocò uno dei piani di contingenza, come poi fu appurato nell'apposita Commissione Parlamentare d'inchiesta, con l'intento soprattutto di rassicurare il Capo dello Stato e di pervenire alla soluzione della crisi.
Come si è detto, la situazione era tesa e tanto più per l'agitarsi dei centri di azione agraria, dichiarata espressione di destra, pieni di acredine verso il centro sinistra. Da parte loro poi i comunisti protestavano comprensibilmente per il prolungarsi della crisi. In quel momento si verificarono due fatti: una lettera a me dell'On.
Colombo che faceva proprie le ragioni di preoccupazione per il deteriorarsi della situazione economica; una visita del Sig. Marjolin della Comunità economica europea che si faceva carico di queste difficoltà dal punto di vista dell'Europa comunitaria. Da entrambe le parti si chiedeva insomma un ridimensionamento del programma di Governo e il rinvio di alcune riforme che si ritenevano in quel momento insostenibili.
L'assenso al piano di emergenza doveva essere soprattutto una spinta verso una soluzione riduttiva della crisi, verso un fatto politico mediante il quale la D.C. e di risulta il Partito Socialista rinunziavano alle mete più ambiziose del programma di centro-sinistra. Questo adeguamento a più limitate possibilità doveva anche placare il Presidente Segni, allontanando la prospettiva di una grande disoccupazione. In certo senso in quel momento il centro-sinistra si riduceva a centrismo aggiornato, mentre, come dimostrò l'inchiesta parlamentare, niente di operativo fu fatto sul terreno dell'ordine pubblico.
Credo che lo stesso Presidente della Repubblica abbia ritenuto e detto che non esistessero più ragioni di allarme. La tensione era caduta. Il centro sinistra, sia pure edulcorato, si era costituito. Tutto si era svolto nei rapporti tra Capo dello Stato e responsabile dell'ordine pubblico. Il fatto grave, ripeto, fu politico anche per il fatto dell'interferenza della Comunità europea nelle cose italiane, attraverso la missione Marjolin.