Via Fani ore9:03
Sono le 9:03 del 16 marzo 1978 quando al centralino della Questura arriva la prima chiamata riguardo alcuni spari avvertiti in via Mario Fani.
La prima volante, giunta dopo pochi minuti, si presenta uno spettacolo agghiacciante: cinque uomini agonizzanti e due auto crivellate di colpi.
"Auto Monte Mario ... recatevi in via Mario Fani" »
La prima segnalazione arriva al centralino del 113 alle 9,03: è una voce anonima che dice di aver sentito degli spari in Via Mario Fani. La centrale operativa della Questura impartisce il primo ordine:«Auto Monte Mario, Monte Mario, recatevi in via Mario Fani, dove si sono sentiti colpi d’arma da fuoco»
L'auto Monte Mario, una Giulia 1600, che abitualmente sosta sotto la casa di un magistrato in Via Bitossi, una strada che dista solo poche centinaia di metri da Via Fani, è la più vicina al luogo segnalato. A bordo ci sono due giovani poliziotti: Nunzio Sapuppo e Marco Liberato di Berardino, che partono immediatamente a sirene spiegate.
Passano solo alcuni minuti e l'auto arriva in Via Fani. La scena che i due poliziotti si trovano davanti non la dimenticheranno più.
«La centrale operativa ci chiama. Noi con il segnale d’emergenza, la sirena, ci rechiamo sul posto. Scendiamo. Vediamo questa scena: una macchina davanti bianca, mi ricordo che era una 128, una macchina grossa che allora gli onorevoli e deputati avevano; e nella nostra zona ce n’erano tanti, Cossiga, Zaccagnini, Piccoli e tutti questi..., e dietro un’Alfetta, una dietro l’altra. Sembrava che avessero fatto un incidente. Scendo per primo e l’occhio dove mi va ? Al collega a due metri dell’Alfetta, quella dietro; era per terra, morto, non respirava. E con la sua pistola d’ordinanza a trenta centimetri dalla mano. Io ho visto queste macchine e queste persone. La prima che mi colpisce di più è questa persona fuori, per terra, che forse voleva sparare, questo collega e la pistola vicino. «Che cosa è successo ?». Urla, Di Berardino da un lato a non far avvicinare nessuno, io da un altro lato, chiamo la centrale operativa: «Monte Mario, Monte Mario, Monte Mario !». Subito sono andato là: «Auto Monte Mario, sì, qua è successo qualcosa di grosso» Nunzio Sapuppo, CPM2, audizione del 25/5/2016, Pag. 15
Uno spettacolo agghiacciante
All’incrocio con Via Stresa restano tre auto: una 128 bianca, una 130 blu ministeriale ed un’Alfetta bianca. La 130, sulla quale viaggiava Moro, è crivellata di colpi, i vetri sono in frantumi, all’interno, in un lago di sangue, ci sono i corpi di due uomini della scorta. Sono l’’appuntato Domenico Ricci, ancora seduto al posto di guida, e il maresciallo Oreste Leonardi che invece è riverso nello spazio tra i due sedili anteriori.
Nell’Alfetta della scorta, che ha tamponato l’auto di Moro, c’è un altro cadavere: è l’autista Giulio Rivera, accanto a lui c'è Francesco Zizzi, il caposcorta, l'unico che da ancora segni di vita. Sulla strada, all’altezza dello sportello posteriore destro dell’Alfetta, un quinto corpo: quello dell’agente Raffaele Jozzino, l’unico che ha fatto in tempo a scendere dalla macchina ed esplodere due colpi prima di essere colpito mortalmente. Il corpo è a terra, le braccia spalancate, la faccia rivolta al cielo, un rivolo rosso di sangue segna l’asfalto grigio di Via Fani.
I due agenti Sapuppo e Di Berardino, sono in preda al panico, si avvicinano agli uomini nelle macchine, vedono Francesco Zizzi, che respira ancora.
«Il caposcorta dell’Alfetta ancora respirava. Respirava e io non sapevo come fare. Zizzi era con gli occhi aperti, ma io non penso che capisse. Non capiva, perché era con gli occhi … Io ho sollecitato la centrale operativa e l’ambulanza : « L’ambulanza, l’ambulanza ! » Non si capiva più niente là.(… ) io accertai che il brigadiere Zizzi respirava ancora, (…) mi sembra che io aprii la portiera per soccorrerlo; ero in ansia, lui era riverso in avanti, gli usciva sangue (…) e ancora respirava, io cercai di abbassargli il sedile, ma sbagliai anche la tecnica che serviva in quel momento, perché la mia testa diceva che se lo allungavo stava meglio, invece no, perché lui ringoiava il suo sangue. Marco Liberato Di Berardino, CPM2, audizione del 17/5/2016, Pag. 7
Ai poliziotti ci vuole poco per capire quello che è successo:
Ho capito io personalmente che era la scorta. Infatti, ho detto: «Forse c'è qualcosa di grosso nei confronti dell'onorevole Moro». l primo che ha pianto sono stato io, con le lacrime agli occhi. C'erano persone disperate, persone anziane: «Mamma, che è successo?». Di tutti i colori. Però persone in divisa agitate non ne ho viste; persone civili ce n'erano tante, anche anziani. Noi cercavamo di allontanarli. N. Sapuppo, cit., pag. 10.
Constatata la morte degli altri agenti ed in attesa dell'ambulanza, i militari cercano di tenere lontani dal luogo della sparatoria, testimoni e curiosi, molti sono sotto shock.
La centrale operativa lancia il primo allarme. Decine di macchine tra Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza convergono su via Fani. Il traffico sulla collina di Montemario impazzisce.
«Le macchine si concentravano tutte lì e la sala operativa ebbe difficoltà. Anche gli stessi nostri colleghi, purtroppo, siccome il crimine era così eccezionale e non era mai capitata prima una cosa del genere... Quindi, penso che tanti colleghi venivano lì per curiosare e la sala operativa (cosiddetta « Doppia Vela 21 ») ebbe difficoltà a mandare via tutte le auto che si precipitavano lì e creavano solo disservizio.» M. L. Di Berardino, cit., Pag.6
Del traffico impazzito ne risente anche l'autoambulanza che dall'Ospedale Gemelli impiega 25 lunghissimi minuti per arrivare in Via Fani.
«L’ambulanza, mi ricordo, forse proprio perché c’era tutto quel traffico e andavano tutti lì, arrivò un po’ tardi, dopo 20-25... arrivò un po’ tardi. Forse Zizzi si sarebbe potuto salvare. Se ci fosse stato meno traffico e l’ambulanza fosse arrivata prima.... Perché a me risulta che morì per shock emorragico.» M. L. Di Berardino, cit., Pag.7
Francesco Zizzi viene caricato sull' autoambulanza che riparte a sirene spiegate verso il Gemelli. Le sue condizioni sono gravissime. Morirà alle 12,45, nella sala operatoria dell'ospedale Gemelli, durante un disperato intervento chirurgico. Francesco Zizzi, era al suo primo giorno di servizio nella scorta dell'Onorevole Moro.