Il colonnello Gugliemi: pranzo alle 9
Perchè il colonnello dei carabinieri Camillo Guglielmi la mattina del 16 marzo si aggira nei pressi di via Fani? Sta andando a pranzo dal suo amico D'Ambrosio o, come affermano alcune pubblicazioni, è li per sovraintendere all'agguato delle BR?
Le dichiarazioni di Pierluigi Ravasio ed il fantomatico interrogatorio del colonnello D'Ambrosio.
Il racconto di Pierluigi Ravasio
Nel Dicembre del 1990 Luigi
Cipriani deputato
e membro della commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo e
sulle stragi, che è tornata ad indagare sull’rapimento di Aldo Moro,
viene avvicinato da Emanuele Bettini, impiegato presso la filiale di
Cremona della Cassa di Risparmio di Piacenza. Bettini, che è anche
corrispondente del settimanale Panorama, racconta un episodio che desta
l’interesse del deputato di Democrazia Proletaria.
All’inizio del 1987 Bettini ha
avuto delle
confidenze da Pierluigi Ravasio una delle guardie giurate che
stazionano davanti la banca. Ravasio, un ex carabiniere paracadutista
congedatosi nel 1982, gli ha raccontato:
(...) di
essersi
arruolato nel 1976 nel corpo dei carabinieri paracadutisti di Livorno,
di essere entrato nei Gis e di avere partecipato alla repressione della
rivolta nel carcere di Trani. Nel 1978, avvicinato da un ufficiale del
Sismi, decise di entrare nel servizio e fu assegnato all'ufficio
sicurezza interna nella VII sezione dell'ufficio R di Roma (…).
Musumeci e Belmonte erano i capi dell'ufficio cui Ravasio faceva
riferimento, mentre i diretti superiori erano il colonnello Guglielmi
(detto papà) ed il colonnello Cenicola. L'ufficio era situato a Forte
Braschi mentre la squadra (sei persone) con la quale Ravasio operava
era stanziata a Fiumicino. (…)
(...) di
essersi recato diverse volte ad addestrarsi a Cala Griecas (capo
Marrangiu) e di avere avuto come istruttori Alfonso (al quale è
dedicato il manuale) e Decimo Garau, il primo maresciallo degli alpini,
il secondo ufficiale di marina. Disse di far parte di un gruppo di
quattrocento persone suddivise in nuclei di sei, il cui compito era di
opporsi a sommosse interne da parte della sinistra. (…)
(...) disse
che il suo gruppo indagò sul caso Moro e venne a conoscenza del fatto
che il rapimento era stato organizzato da una banda di ex detenuti e
malavitosi che agiva nella zona di Fiumicino, molto probabilmente la
banda della Magliana. Venuti a conoscenza del fatto che Moro era tenuto
dai malavitosi e riferito ciò ai superiori, le indagini furono fermate
da un ordine proveniente da Andreotti e Cossiga, il loro gruppo sciolto
ed i componenti dispersi, mentre i rapporti che quotidianamente
venivano compilati furono bruciati (...)
(...)disse
anche che Musumeci aveva un infiltrato nelle Br, era uno studente di
giurisprudenza dell'università di Roma il cui nome di copertura era
Franco, il quale avvertì con una mezzora di anticipo che Moro sarebbe
stato rapito. Uno dei superiori diretti di Ravasio, il colonnello
Guglielmi -attualmente deceduto- si trovò a passare a pochi metri da
via Fani, ma disse di non aver potuto fare niente per intervenire. (....)
Come
ricompensa per il rapimento e la gestione del caso Moro, il Sismi
consentì alla banda di poter compiere alcune rapine impunemente. Una
avvenne nel 1981 all'aeroporto di Ciampino, quando i malavitosi
travestiti da personale dell'aeroporto sottrassero da un aereo una
valigetta contenente diamanti provenienti dal Sudafrica. Una seconda
avvenne in una banca nei pressi di Montecitorio dove furono aperte
molte cassette di sicurezza e da alcune, appartenenti a parlamentari,
furono sottratti documenti che interessavano il Sismi. Luigi Cipriani,
relazione alla CPS, Fondazione Cipriani, https://www.fondazionecipriani.it/Scritti/ilcaso.html
Bettini, visto il personaggio
che ha di
fronte, non prende troppo sul serio le rivelazioni di Ravasio. Si
decide solo tre anni dopo, nel 1990, a raccontare il fatto, sia perché
nel frattempo è scoppiato il caso Gladio sia perché Ravasio ha
rilasciato un intervista alla giornalista di Panorama Valeria Gandus.
Luigi
Cipriani
deputato di Democrazia Proletaria nella X legislatura, e membro della
commissione stragi. E' morto nel 1992 a 52 anni.
Cipriani, dopo aver incontrato il
Ravasio, che
conferma quanto già confidato a Bettini, presenta una relazione alla
commissione parlamentare che a sua volta segnala la cosa alla
magistratura.
La Procura di Roma apre un
fascicolo ed
interroga il Ravasio. Davanti al magistrato Luigi De Ficchy, l’ex
paracadutista smentisce tutto affermando che i discorsi fatti prima a
Panorama e poi a Luigi Cipriani erano solo un parlare frutto di
fantasia.
De Ficchy interroga anche il
colonnello dei
carabinieri Camillo Guglielmi che, al contrario di quanto detto da
Ravasio, è vivo e vegeto. Guglielmi, nell’interrogatorio afferma:
Per quanto riguarda
il
fatto che io sono passato il 16 marzo 1978 in via Fani, ricordo che
quel giorno ero a Roma e che, essendo stato invitato a pranzo dal
colonnello D’Ambrosio in via Stresa 117, passai in strade adiacenti via
Fani verso le ore 9.30 del mattino. Ho raccontato tale circostanza ai
componenti del mio Ufficio sicurezza ed evidentemente da tale fatto si
è costruita ben altra situazione (…)
Tra
l’altro, quando mi recai in via Stresa, non mi accorsi di nessuna
situazione particolare successa in quella zona e seppi dell’onorevole
Moro solo quando arriva a casa del mio ospite, colonnello D’Ambrosio.
Interrogatorio di Camillo Guglielmi,
del 16/5/1991, in CPM2, seduta del 24/03/2015, pag.23
La Procura in presenza della
ritrattazione di
Ravasio e non avendo trovato nessun riscontro riguardo l’appartenenza
di Guglielmi all’organizzazione Gladio, procede all’archiviazione “del
fascicolo “Ravasio - Guglielmi”
Un uomo dei servizi
in Via Fani?
Fin qui i fatti. Ma chiaramente
per chi è
convinto, che a gestire l’agguato di via Fani non siano state le sole
BR, le dichiarazioni, seppur smentite, di Ravasio sono musica per le
proprie orecchie.
Il colonnello Guglielmi diventa,
all’istante,
la prova della presenza dei servizi segreti italiani nel caso Moro ed
entra a far parte dei misteri di Via Fani.
Come sempre succede in questi
casi, con il
passare del tempo la realtà lascia il posto al mito. E cosi se nel 1991,
nel libro “Sovranità limitata” Antonio e Gianni Cipriani (omonimi, con
nessun grado di parentela con il deputato Luigi) si limitano a definire
le dichiarazioni di Ravasio “una testimonianza inquietante”, nel 1998,
Sergio Flamini in “Convergenze parallele” afferma:
Perché la mattina del
16
marzo, alle ore 9, nei pressi di via Fani, mentre avveniva la strage,
si aggirava senza apparente ragione il colonnello del SISMI Camillo
Guglielmi?
Il colonnello
Guglielmi (…) era stato istruttore presso la base di Gladio di Capo
Marrangiu dove aveva insegnato ai “gladiatori” le tecniche
dell’imboscata: quella stessa tecnica mirabilmente applicata per
sterminare la scorta, catturando Moro illeso. Sergio Flamini, Convergenze parallele,
(Milano: Kaos edizioni, 1998), pag. 132.
Flamini si pone ancora delle
domande, a
trentasei anni dalla strage di via Fani, nel 2014, invece, Carlo
D’Adamo scrive, con la massima sicurezza:
il colonnello Camillo
Guglielmi della sezione K (killer, tiratori scelti) [Bettini 1996: 92]
del SISMI è pronto, e si presenta puntuale sulla scena del crimine, la
mattina del 16 marzo, dopo essersi scaldato i muscoli ad Alghero. (…)
Interrogato
il 16 maggio 1991 dal sostituto procuratore Luigi De Ficchy sul
significato della sua presenza sul luogo del delitto, il colonnello
Guglielmi sostiene di essere stato invitato a pranzo da un collega che
abita lì vicino (...) forse il colonnello dice proprio la verità,
usando il linguaggio allusivo tipico dei mafiosi, dei politici e dei
Servizi.(…)
“Sono stato
invitato a pranzo” vuol dire che è stato invitato a condividere la
responsabilità dell’operazione, a partecipare al blitz. Ogni banda qui
fa la sua parte, ma sono tutti compagni di mensa. Alcuni fanno capo al
Viminale, altri al Ministero della Difesa. Ci sono poi alcuni
carabinieri molto speciali che dipendono direttamente da altrove. E
sembra proprio che il 16 di marzo fossero tutti in servizio. Non per
guardare. Carlo
D’ Adamo, Chi ha ammazzato l’agente Iozzino: Lo stato in Via Fani,
(Bologna, Pendragon, 2014), pag. 30
Crediamo quindi sia corretto
abbandonare il mito, costruito in 40 anni, e tornare alla realtà
esaminando i fatti.
Quanto è
attendibile Ravasio?
La vicenda relativa al colonnello
Guglielmi si
basa sul racconto di Pierluigi Ravasio. Non esiste infatti nessun
riscontro oggettivo, sia sulla presenza del colonnello in via Fani, sia
alla sua appartenenza a Gladio. E’ quindi d’obbligo porsi
preliminarmente una domanda sull’attendibilità delle dichiarazioni di
Ravasio.
Che Pierluigi Ravasio sia un
personaggio,
come minimo, un po’ sopra le righe lo si capisce, malgrado le poche
notizie che abbiamo su di lui. Innanzitutto abbiamo visto come Bettini
non creda, in un primo momento alle confidenze della guardia giurata.
Luigi Cipriani, nella relazione redatta per la commissione
parlamentare, ci presenta un Ravasio “fascista deluso” appartenente ad
una fantomatica organizzazione di neotemplari, che afferma di essersi
recato in Israele per addestrare militari israeliani. “in
quanto esiste un'antica alleanza tra templari e Israele derivante dalla
comune difesa del tempio di Salomone”.
Durante i colloqui sia con
Bettini e la
giornalista di Panorama Valeria Gandus. Ravasio, con fare spavaldo, fa
sfoggio delle armi in suo possesso.
iniziò
a raccontare la propria storia, non senza avere messo in bella evidenza
la propria pistola ed un fucile a pompa (...)
incontrato[si]
nel novembre 1990 a Cremona con la giornalista Valeria Gandus, dalla
quale si era fatto intervistare maneggiando una pistola di grosso
calibro di marca israeliana. Successivamente nel proprio appartamento,
tra fotografie e fotocopia del tesserino Sismi, Ravasio mostrò un'altra
pistola marca Beretta. Cipriani,
relazione alla CPS, cit.
Bisogna inoltre notare che
trascinato dal suo
carattere istrionico, Ravasio, racconta le sue storie più o meno
credibili, ma ribadisce sempre che non vuole che quanto da lui detto
venga reso pubblico
L'incontro
con la Gandus era stato
originato dal fatto che su Panorama era uscito un articolo che si
rifaceva a quanto raccontato da Ravasio nel 1987, cosa che lo fece
infuriare ma non gli impedì di farsi intervistare, salvo minacciare la
giornalista se avesse fatto il suo nome.
L'ex
agente del
Sismi mi disse che non intendeva assolutamente essere coinvolto né
dalla Commissione stragi né dalla magistratura e di avere acconsentito
ad incontrarmi solo per darmi qualche informazione utile al mio lavoro,
stanti le fortissime delusioni avute dalla destra politica e dai
servizi segreti; ma che non desiderava io facessi il suo nome. Ibid.
E’ quasi naturale, quindi, che
quando viene
ascoltato in Procura, Ravasio ritratti. Paura delle conseguenze delle
sue dichiarazioni o la coscienza di aver inventato tutto?
Ma cosa racconta Ravasio? Le sue
confidenze
riguardano due argomenti: la sua appartenenza ai servizi ed il caso
Moro. Mentre per la sua militanza nel SISMI ci sono dei riscontri
oggettivi. Per la parte riguardante Moro non solo non ci sono
riscontri, ma il suo racconto lascia non pochi dubbi.
Ravasio afferma che
l’organizzazione e la
gestione del rapimento fu della banda della Magliana escludendo del
tutto la partecipazione delle brigate rosse. Racconta poi come il suo
diretto superiore, il colonnello Camillo Guglielmi, a seguito di una
segnalazione di un infiltrato, si trovò a passare a pochi
metri da via Fani, ma disse di non aver potuto fare niente per
intervenire.
Ora è chiaro che almeno una
parte del
racconto di Ravasio è chiaramente falso. Nessuno, sano di mente, può
oggi sostenere che le brigate rosse non furono coinvolte nel rapimento
di Moro. D’altra parte, dell’esistenza di un infiltrato nelle br e
dalla presenza di Guglielmi in via Fani non esiste nessun riscontro
oggettivo che avvalori le sue dichiarazioni.
Stranamente, al contrario di
altre
testimonianze in cui per molto meno si invoca l’inattendibilità del
testimone, nel caso di Ravasio si considera vero, il racconto relativo
all’infiltrato nelle br e al colonnello Guglielmi in via Fani. Il fatto
che nello stesso racconto ci sia una palese falsità, la storia della
banda della Magliana, inspiegabilmente non scalfisce minimamente la
credibilità del testimone.
Noi crediamo che le
dichiarazioni di un
testimone vanno valutate nel suo complesso per giudicarne
l’attendibilità. E francamente troviamo un metodo poco ortodosso
quello, utilizzato da certa pubblicistica dietrologica, di estrapolare
da una testimonianza, per convenienza, solo le parti che vanno a favore
di una precisa tesi.
Quindi riepilogando, Ravasio è
un
personaggio, a dir poco “molto estroverso”, che fa delle confidenze ma,
una volta posto davanti ad un magistrato, si affretta a ritrattare
tutto. Inoltre sappiamo che del suo racconto relativo al rapimento
Moro, la parte riscontrabile è palesemente falsa, per l’altra: la
storia del colonnello Guglielmi, non esiste alcun riscontro oggettivo.
A
questo punto riponiamoci la domanda: quanto è attendibile Ravasio?
Il
verbale del colonnello D’Ambrosio.
Come abbiamo visto, il sostituto
procuratore
De Ficchy, dopo aver ascoltato il Ravasio, convoca in data 16 maggio
1991, il colonnello Guglielmi, il quale conferma la sua presenza nelle
vicinanze di via Fani la mattina del 16 marzo, affermando di essersi
recato a casa di un suo conoscente il colonnello D’Ambrosio abitante in
via Stresa 117.
La dichiarazione, dopo gli
opportuni riscontri, basta al magistrato che di lì a poco archivierà la
vicenda.
Ciò, però non può bastare a chi
vuole piazzare a tutti i costi un colonnello dei servizi segreti in via
Fani.
Il
colonnello
D’Ambrosio ha dichiarato di non ricordare di aver invitato a pranzo
Guglielmi quel 16 marzo 1978, ma di essere certo che il colonnello del
Sismi si presento a casa sua, il giorno della strage, verso le 9 del
mattino- un orario decisamente strano per un pranzo S. Flamigni, Convergenze parallele, cit. pag. 133
Anche
quest’ultimo [D’Ambrosio] venne interrogato confermò di aver ricevuto
la visita di Guglielmi, verso le 9 del mattino, ma disse di non
ricordare di averlo invitato, confermando una falla nelle spiegazioni
di Guglielmi, dato per altro che le nove del mattino sono un orario
inusuale per un pranzo. Francesco M. Biscione, Il delitto Moro,
(Roma, Editori Riuniti, 1988) pag 127.
Come si vede due sono gli
appunti che vengo
fatti alla testimonianza di Guglielmi l’orario di arrivo in via Fani,
le nove di mattina, e la parziale smentita da parte di D’Ambrosio.
Partiamo dalla testimonianza di
D’Ambrosio.
Questo è un caso lampante in cui si dimostra come una cosa non vera,
ripetuta ed amplificata nel tempo, divenga alla fine verità.
Basandosi sui rilievi sopra
esposti, che
hanno fatto entrare la figura del colonnello Guglielmi tra i misteri di
via Fani, la nuova commissione di inchiesta sul caso Moro ha voluto
vederci chiaro convocando in audizione i magistrati che si erano
interessati della vicenda.
Per primo viene ascoltato Luigi
Ciampoli, procuratore generale presso la corte di appello di Roma.
Il
magistrato Luigi Ciampoli ascoltato dalla nuova commissione Moro il
12/12/2014
Il magistrato ha indagato sulla
lettera
anonima recapita all’Ansa in cui si cita Guglielmi quale superiore di
due fantomatici agenti segreti presenti in via Fani a bordo della
famigerata moto Honda.
A proposito della testimonianza
di D’Ambrosio, Ciampoli afferma con la massima sicurezza:
Il colonnello
Guglielmi
viene identificato come una persona presente sul posto e dà
giustificazione della sua presenza alle nove di mattina per un invito
ricevuto dal colonnello D’Ambrosio a casa sua per pranzo.
Viste
le dichiarazioni del colonnello D’Ambrosio, abbiamo appreso che non
soltanto Guglielmi non era stato invitato a pranzo, ma non era
assolutamente prevista la sua visita nemmeno a quell’ora. Il colonnello
Guglielmi si era presentato a casa sua insalutato ospite e dopo poco,
assumendo, con una dichiarazione, che doveva lasciare la sua abitazione
perché doveva essere successo a Roma qualcosa di grosso, aveva
abbandonato la casa del colonnello D’Ambrosio ed era andato. Luigi
Ciampoli, CPM2, seduta del 12/12/2014, Pag. 6
Successivamente viene ascoltato
Luigi De
Ficchy, l’unico magistrato che nel 1991 interrogo Guglielmi e
D’Ambrosio. De Ficchy, riguardo l’interrogatorio di D’Ambrosia afferma:
D’Ambrosio dice –
secondo
quanto ricordo – che Guglielmi si era recato da lui alle 9, che non
c’era alcun invito a pranzo e che di lì a poco se n’era andato e
aggiunge di non aver notato nulla. Luigi De Ficchy, CPM2, seduta del
24/03/2015, pag.11
A questo punto, visto la
competenza ed il
livello dei magistrati, sembrerebbe non esserci più dubbi sulla
discordanze tra le dichiarazioni di Guglielmi e D’Ambrosio. Ma la
commissione, seppur tardivamente, fa la cosa più semplice di questo
mondo: recupera il verbale dell’interrogatorio di D’Ambrosio davanti al
giudice De Ficchy e, nella prima relazione sull’andamento dei lavori
della commissione, pubblica finalmente il testo dell’interrogatorio di
D’Ambrosio:
Verso le ore 09.30 è
giunto presso la mia abitazione il colonnello Guglielmi Camillo con sua
moglie che anni prima aveva abitato presso lo stesso stabile e con il
quale ero in amicizia. Il colonnello stette presso la mia abitazione
con la moglie per tutta la mattinata e stette con noi a pranzo e poi
nel pomeriggio ripartì per Modena. Non ricordo se nel corso della
mattinata si allontanò di casa per salutare altri amici o per altre
ragioni. Non ricordo se il Col. Guglielmi venne presso la mia
abitazione per un appuntamento datoci in precedenza. Oppure se passò
senza appuntamento precedente e poi lo invitai a pranzo. Non ricordo
come mai il Col. Guglielmi venne alle 09.30, posso dire che con il Col.
Guglielmi vi è una grande confidenza. Faccio presente che alla mia
abitazione si può accedere da via della Camilluccia prendendo via
Stresa e passando all’incrocio con via Fani sia da via Sangemini
scendendo da via Roncegno. Ricordo anche che quando arrivò il col.
Guglielmi gli diedi la notizia di quanto era successo CPM2, 1° Relazione sull’attività svolta,
10/12/2015, pag 140
Quindi al contrario di decine di
interventi
che negli anni hanno insistito sulla discordanze, la testimonianza di
D’Ambrosio è perfettamente in linea con quanto dichiarato da Guglielmi.
La stessa commissione di inchiesta parlamentare afferma:
Nell’ambito degli
accertamenti e delle acquisizioni documentali disposti dalla
Commissione (e tuttora in corso), si è riscontrato che il verbale di
interrogatorio del colonnello D’Ambrosio conferma le dichiarazioni del
collega Guglielmi. Ibid.
pag 96
La cosa stupefacente ed allo
stesso tempo
inquietante, però, è che gli stessi magistrati, che hanno svolto
indagini sul colonnello Guglielmi, abbiamo riferito, alla commissione
di inchiesta, in mancanza di una memoria pronta, non quello da loro
stessi appurato, ma quanto ormai divenuto il pubblico convincimento
costruito sulle affermazioni di una pubblicistica spesso poco
rispettosa della realtà dei fatti.
Pranzo alle nove
Veniamo all’altro punto
contestato presente
nella testimonianza di Guglielmi: l’orario in cui Guglielmi si è recato
a casa di D’Ambrosio per un invito a pranzo. Crediamo che anche questo
sia un esempio tipico, come nel caso delle dichiarazioni di D’Ambrosio,
per analizzare come funzionano certi meccanismi tipici delle tesi
dietrologiche.
Torniamo all’audizione del
magistrato de Ficchy ed ad un intervento del senatore Gotor.
Allora lei [De
Ficchy]
aveva questa sensazione, cioè che Ravasio fosse attendibile e che poi,
di fronte a lei, avesse ritrattato, ma comunque che fosse attendibile,
cioè che avesse raccontato qualcosa di vicino al vero (…) Cipriani ci
dice una cosa interessante, cioè che Guglielmi si trovava a via Stresa
perché il generale Musumeci, dal quale dipendeva gerarchicamente,
l’aveva inviato lì perché c’era un infiltrato di nome Franco che aveva
detto che a via Fani stava per succedere – sarebbe successa, era
successa – una cosa incredibile.
Guglielmi
le dice che lui era lì, ma alle 9.30, perché doveva andare a pranzo,
che sensazione ha avuto? leggendo le carte ho sempre avuto l’idea che
il colonnello Guglielmi la stesse provocando, glielo dico con
franchezza, cioè le stesse dando una versione incredibilmente
inattendibile e quindi incredibilmente provocatoria: «Sono le 9.30 e
devo andare a pranzo dal collega D’Ambrosio.» Miguel
Gotor, CPM2, seduta del
24/03/2015, pag.23
Questi due frasi sono pronunciate
a distanza
di pochi secondi l’una dall’altra. E’ singolare come nel caso di
Ravasio, malgrado, come ampiamente esposto in precedenza, abbia
ritrattato tutto e dica palesi falsità riguardo la banda della
Magliana, per Gotor Ravasio è attendibile.
Il
senatore di Liberi e uguali Miguel Gotor membro della nuova commissione
Moro
Per Guglielmi il giudizio è
assolutamente
netto: il colonnello sta provocando asserendo di essere andato a casa
di
D’Ambrosio, invitato a pranzo, alle 9 di mattina. Eppure non c’è nessun
riscontro oggettivo che indichi che Guglielmi stia mentendo, anzi c’è
la conferma del diretto interessato D’Ambrosio. Il giudizio quindi si
basa solo su presunto senso logico: se si è invitati a pranzo non ci si
può presentare alle 9.
Questo fatto dell’orario, ci ha
sempre
lasciati perplessi. Se si va a pranzo al ristorante c’è un orario di
apertura e chiusura da rispettare. Ma quale è l’orario per presentarsi
a casa di un amico essendo stati invitati a pranzo? Le dieci, le
undici, mezzogiorno? Chi lo decide: il galateo?
Andare a pranzo da un parente o
un conoscente
nella prassi comune significa passare insieme alcune ore in cui il
pranzo vero e proprio rappresenta solo il momento culminante. Tra
l’altro presentarsi a ridosso del pasto ed andare via subito dopo è
spesso indice di scarsa educazione. Sappiamo di dire cose ovvie ma
purtroppo questo è il livello di certe contestazioni.
Nella sua testimonianza, fatta
ben 13 anni
dopo, Guglielmi mette in rilievo i due fatti principali, ovvero, l’ora
d’arrivo in casa di D’Ambrosio: le 9,30, ed il motivo della visita:
l’invito a pranzo. Le due affermazioni non sono collegate tra loro.
Guglielmi non dice «ho pranzato alle 9,30».
I motivi per cui Guglielmi si
reca a casa di
D’Ambrosio alle 9 posso essere innumerevoli, lo stesso D’Ambrosio,
nella sua testimonianza, ce ne suggerisce alcuni
Il
colonnello
stette presso la mia abitazione con la moglie per tutta la mattinata e
stette con noi a pranzo e poi nel pomeriggio ripartì per Modena.
Potrebbe darsi, per esempio, che
Guglielmi,
dovendo partire nel pomeriggio (non sappiamo a quale ora), e non
potendosi trattenere dopo pranzo abbia anticipato l’arrivo in casa
D’Ambrosio per passare insieme all’amico alcune ore.
Esiste anche un’altra possibilità
che ci suggerisce sempre D’Ambrosio:
Non ricordo se il
Col.
Guglielmi venne presso la mia abitazione per un appuntamento datoci in
precedenza. Oppure se passò senza appuntamento precedente e poi lo
invitai a pranzo.
Quindi, la visita alle 9,30
magari non
presupponeva la fermata a pranzo. L’invito a restare potrebbe essere
venuto in un secondo momento nel corso della mattinata. Le incertezze
di D’Ambrosio, ricordiamo, sono dovute al fatto che l’interrogatorio
avviene a tredici anni di distanza.
Quindi
come si può vedere nelle dichiarazioni di Guglielmi non c’è niente di
illogico né tanto meno di provocatorio.
Del resto non riusciamo a capire
come si possa
considerare poco credibile la versione di Guglielmi e accettare,
invece, come realistiche le alternative proposte negli anni.
Secondo le varie tesi Guglielmi,
avrebbe
assistito o partecipato ad un agguato cruento come quello di via Fani,
e poi, invece, di allontanarsi indisturbato dal luogo dell’azione, dopo
aver recuperato la moglie (lo ha aiutato nell’azione o è stata
“parcheggiata” in un bar o in auto?), si sarebbe precitato, senza
nessun motivo logico, a casa dell’amico D’Ambrosio.
Lasciamo a chi legge giudicare
quale, tra le dichiarazioni di Guglielmi e la tesi dietrologica, sia
meno realistica.
Il ruolo di
Guglielmi nei servizi
Si è molto parlato
dell’appartenenza di Camillo Guglielmi alla struttura segreta “Gladio”.
Nessuna prova esiste in merito.
Guglielmi non fa parte del famoso
elenco dei
622 “gladiatori” reso pubblico all’inizio degli anni 90. Elenco, a dire
il vero tutt’altro che attendibile, sia per il numero esiguo, sia per
evidenti errori nella compilazione.
Anche tutte le indagini volte ad
appurare l’affiliazione di Guglielmi a Gladio hanno dato esito negativo.
Quello che invece si può
affermare con certezza è che ha militato a lungo nei servizi segreti
Nel 1965 Guglielmi è nella
struttura del SID e
più precisamente nel servizio D col grado di capitano dei carabinieri.
Come componente di questo servizio partecipa ad un’esercitazione a Capo
Marrangiu:
Sergio Dini, Sostituto
procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova.
Per quanto riguarda
Guglielmi, nel 1965 partecipò alla prima esercitazione di personale
dell’Ufficio D a Capo Marrargiu. Non c’è solo la citazione «Guglielmi
presente a Capo Marrargiu», ma ci sono diversi documenti in cui viene
indicato esattamente il programma del corso e, giorno per giorno,
quello che è stato fatto. Si andava appunto da tecniche di imboscata e
guerriglia urbana a tecniche di trappolamento ed esplosivi su materiale
ferroviario. Sergio
Dini, CPM2, Seduta del 7/10/2015, pag 8
Successivamente, lascia il SID e
rientra
nell’arma. Nel marzo del 1978, durante il sequestro Moro è comandante
del nucleo carabinieri di Modena. Nell’aprile del 1978 si congeda
dall’Arma. Da luglio dello stesso anno inizia a lavorare, come
consulente esterno, per il SISMI, il nuovo servizio che ha sostituto,
nel gennaio del 1978, il SID. Nel 1979 entra nell’organico del SISMI e
viene nominato, alle dipendenze del generale Musumeci, responsabile
della sicurezza interna, dedicata al controllo del personale che faceva
parte del Servizio.
Quindi, Guglielmi è stato a lungo
nei servizi
segreti italiani, dove ha ricoperto incarichi di rilievo. Nel corso
della sua carriera ha acquisito, come è documentato, conoscenze
tecniche definite di “antiguerriglia” ovvero guerriglia urbana, di
trappolamento ecc.
Al contrario di quanto scritto da
più parti
non risulta, invece, che abbia mai svolto il ruolo di addestratore. Lo
stesso Ravasio indica in altri nomi: Alfonso e Decimo Garau gli
istruttori di Capo Marrangiu.