Commissione Antimafia - XVIII legislatura
Il cambio di caricatore dell'FNA
Una delle pochissime novità emerse dalle relazione è l'affermazione di Franco Bonisoli sul cambio del caricatore del FNA da lui impugnato. Per tra mille perplessita per una dichiaraziazione resa ad oltre 40 anni di distanza, l'ammissione di Bonisoli identificherebbe in lui il brigatista dei 49 colpi e l'uccisore dell'agente Iozzino.
La Commissione Antimafia tutta concentrata nel cercare conferme alla sue tesi, non valorizza affatto l'unico nuovo elemento emerso.
Nell'azione di via Fani c'è un elemento che, al di la delle varie congetture, risulta oggettivamente non chiarito. Le perizie, come si è detto, hanno attribuito 49 colpi tutti allo stesso mitra Fna. Quel tipo di mitra è dotato, però di caricatori con un massimo di 40 colpi. Quindi se la perizia dice il vero deve esserci stato per forza un cambio di caricatore.
Ebbene nessun brigatista ha mai accennato a ciò. In particolare Bonisoli, il maggior indiziato nell'essere il brigatista che imbracciava quel Fna non lo aveva mai affermato in modo così diretto. Ciò ha alimentato molte perplessità sia sulla correttezza delle perizie sia sull'identificazione dello sparatore in Bonisoli. Per approfondimenti vedere i due articoli di Il brigatista dal grilleto facile e i 49 colpi dell'Fna.
Nella sua audizione davanti alla Commissione Antimafia nel 2022 Bonisoli parla per la prima volta del cambio di caricatore dell'Fna.
Quanto al momento dell’agguato il suo mitra ad un certo punto « non sparò più, cambiai il caricatore e dopo poco si inceppò ». Non era in grado di ricordare se il primo caricatore si fosse esaurito o se si fosse inceppato a sua volta Forse, ma siamo sempre nel campo delle proposizioni dubitative, si erano inceppati entrambi i caricatori . relazione pag. 39
Personalmente non amiamo le dichiarazioni più o meno clamorose fatte a distanza di decenni e che regolarmente continuano ad apparire sulla stampa o nelle audizioni di qualche Commissione. Chiaramente lo stesso discorso vale per Bonisoli. Un'ammissione fatta pochi anni dopo i fatti ha un valore, fatta dopo quarant'anni ne ha un altro. Troppe sono le variabili che entrano in ballo con il passare del tempo, a partire dall'affievolirsi del ricordi, poi ci sono i ripensamenti e le suggestioni. Per esempio, quante volte Bonisoli avrà sentito parlare di questo cambio di caricatore, potrebbe darsi che alla fine, anche in buona fede, si sia convinto di aver compiuto quel gesto.
Tenendo presente queste premesse, crediamo, sia però necessario analizzare l'affermazione di Bonisoli.
Innanzi tutto bisogna dire che Bonisoli ha saldato da tempo i conti con la giustizia e non aveva nessuno obbligo a presentarsi davanti alla Commissione. Molti terroristi, magistrati e giornalisti hanno declinato più o meno gentilmente l'invito a camparire.
Come abbiamo visto Franco Bonisoli ha compiuto un lungo percorso di ravvedimento. Vive con grande disagio il suo periodo brigatista ed è molto restio a rievocare quei tempi. Ciò è dimostrato anche dal fatto che, dei partecipanti all'azione di Via Fani, è l'unico insieme a Bruno Seghetti (1) ha non aver rievocato gli anni delle Br attraverso un racconto al contrario di Morucci, Faranda, Balzerani, Moretti, Gallinari e Fiore che hanno scritto libri in merito.
Del suo pentimento ne ha parlato in una lunga intervista a Comunione e Liberazione:
Avevo rovinato la mia vita, quella della mia famiglia, avevo trascinato in questo disastro tanti compagni e poi soprattutto le vittime, che iniziarono a pesare come un macigno. La mia esistenza era persa. Cominciai a vivere con la morte accanto, a pensare che la mia vita si doveva chiudere con la fine di quel sogno rivoluzionario a cui avevo dato tutto Alla sera, da solo in cella, pensavo e piangevo. Comunione e Liberazione. 4/9/2017, Intervista di Paola Bergamini
E la commozione, puntualmente torna ogni volta che rievoca quell'epoca. Era successo durante la trasmissione di Zavoli costretto ad interrompere la registrazione, e la cosa si è ripetuta, come afferma la relazione dell'Antimafia, durante l'audizione "più volte interrotta da attimi di commozione e momenti di pianto"
Bonisoli, durante l'audizione credo fosse coscente del fatto che, rivelando il particolare del cambio di caricatore, avrebbe identificato se stesso con il brigatista che spara i 49 e ancor più con l'uccisore materiale di Iozzino.
Viene da chiedersi perché una persona così sensibile verso le vittime e che vive con "profondo disagio rispetto alla famiglia e ai propri figli", pur non essendo responsabile, non solo accetti di passare come colui che ha brutalmente ucciso l'agente Iozzino, ma addirittura dica una bugia per incolparsi, in modo inequivocabile, di quel crimine?
La Commissione Antimafia, giudica poco attendibile la dichiarazione di Bonisoli e si affanna a fornire delle motivazioni, sul perché del suo comportamento.
vi è la chiara volontà di non confliggere anche solo in parte con la descrizione della dinamica dell’attacco al corteo, apparentemente consolidata, fornita da Morucci e Moretti: ciò comporterebbe la possibilità di riaprire la ricostruzione della sparatoria, rompendo così una forma di solidarietà dichiarativa rimasta in qualche modo a legarlo con i suoi vecchi compagni.
Ammesso che abbia un senso, dopo tanti anni e percorsi individuali diversi, parlare di solidarietà, perché a 48 anni di distanza Bonisoli dopo essersi presentato spontaneamente dovrebbe dice una bugia che incolpa se stesso e non copre nessun'altro? Sarebbe bastato continuare a non rivelare quel particolare e non rompere nessun tipo solidarietà.
Bisogna anche rilevare che del caricatore Bonisoli ne aveva già parlato. Nella trasmissione di Zavoli "la notte della Repubblica registrata nel 1990, alla domanda su quanti colpi avesse sparato rispose "non ricordo... un caricatore". Ora, se i colpi esplosi fossero stati solo alcuni, come sostiene certa pubblicistica, nella risposta avrebbe parlato di colpi, perché invece quel riferimento preciso al caricatore?
Per concludere, considerando tutte le perplessità relative ad una così tarda ammissione, se fosse vera la rivelazione di Bonisoli si sarebbe fatto un bel passo avanti sull'identificazione del "brigatista dal grilletto facile", e si chiarirebbe il mistero dei 49 colpi sparati da una sola arma.
Note:
(1) Bruno Seghetti, anche lui componente del commando di via Fani, ha avuto un lungo colloquio con Marco Clementi e Paolo Persichetti in occasione della stesura del loro libro "Brigate Rosse dalle fabbriche alla campagna di primavera". Nella ricostruzione dell'agguato di via Fani si fà più volte riferimento alle indicazioni fornite da Seghetti.